Con estrema onestà, è simpatico il fatto che la prima partita della nuova stagione della Championship veda scontrarsi due squadre così agli antipodi. Basandoci sui soli valori riportati da transfermarkt, il Southampton risulta essere la squadra con il maggior valore della rosa mentre lo Sheffield Wednesday la penultima davanti al solo Plymouth: 351,70 milioni per la prima; 14,10 per la seconda. Certo, vengono da due contesti completamente differenti: la prima è scesa dalla Premier League dopo più di dieci anni, mentre la seconda è salita dalla League One tramite la post-season. Giusto contestualizzare, capire i motivi, comunque strappa un sorriso che la prima partita a calendario denoti una differenza così marcata. Come se non bastasse, è presente una sostanziale differenza anche nella composizione della rosa: lo Sheffield è la squadra con l’età media più alta del campionato, si toccano i 27,5 anni, mentre il Southampton è la quinta più giovane, con poco più di 24 anni.
Hillsborough è uno stadio che suscita sempre contrastanti emozioni, proprio per via della sua storia e della squadra in cui ci gioca. Contrastanti come le emozioni che si sono provate durante il match, dove sul terreno di gioco si sono praticamente scontrate due epoche diverse di concezione del gioco: degli ospiti che fanno del possesso palla e del tentativo di qualità un vanto, contro un posizionamento e gioco prevalentemente lungo dei padroni di casa. Il classico concetto che regna in tutte le latitudini: “Se non abbiamo gli uomini per fare determinate cose, cerchiamo di stare compatti dietro e coprire i pertugi”. Il problema è che di pertugi se ne sono aperti tanti, bastavano due semplici triangolazioni per mandare i Saints in superiorità numerica. Già dopo dieci minuti la differenza era impietosa, il fine sembrava di quelli peggiori e contro un equilibrio sportivo. Così non è stato ma più per demeriti di quelli del sud inglese, poiché pur con un netto dominio non hanno mai offerto la sensazione di essere una di quelle squadre in grado di mettere le mani sul match, controllarlo a loro piacimento. Russell Martin è nuovo sulla panchina, deve imprimere il proprio stampo e farsi seguire con diligenza dai giocatori, ma l’impressione è di una squadra fumosa, poco propensa a distruggere la gara e l’avversario. Magari dalla prossima giornata inizierà a segnarne quattro di media e concedere due occasioni offensive agli avversari, ma come prima uscita queste sono state le vibes, le sensazioni donate.
Per quanto riguarda gli Owls, madre santa, la situazione è a dir poco problematica. Callum Peterson credo rappresenti alla perfezione lo stato attuale della squadra: capelli senza senso, apparente stress, nervosismo, quasi rassegnazione ad essere spesso arrabbiato. Spesso saltato e bullizzato dal giovane Ezodie, ha avuto la fortuna che il ragazzo è molto evanescente ed ancora privo del killer instinct. L’allenatore Xisco ha detto che la prestazione della sua squadra è stata perfetta, non poteva chiedere di meglio, ma alla fine dei conti cosa avrebbe dovuto dire? Con onestà ha pure detto che conosce i giocatori da sole cinque settimane e che, ora come ora, non hanno le capacità di giocare con la palla, avere il controllo sulla gara specialmente contro una squadra come il Southampton. Certo, il dato del possesso palla, per quanto può contare, è stato impietoso: nemmeno il 30% per i padroni di casa. Lo Sheffield ha giocato 236 palloni, di cui 55 sono risultati lanci lunghi: quasi il 25%, contando che la precisione dei passaggi è stata poco superiore al 70%. Per chiudere, giusto per far capire che in Championship è sempre dura portare a casa le partite anche se si è nettamente superiori, gli Owls hanno giocato nella zona offensiva con un misero 40% di passaggi effettuati positivamente e sono comunque riusciti a portare i Saints a fare la rete della vittoria al minuto 87.