Dei canarini che non vorrebbero cambiare abitazione

A distanza di dodici mesi, alle porte della Premier League si è presentata un’altra formazione in grado di offrire un calcio propositivo. Siamo abituati ad immaginarci le neo-promosse come squadre difensive, chiuse, restie ad offrire un calcio di intrattenimento al posto di uno da “pagnotta”. Se nell’Agosto scorso fu il momento del Wolverhampton, rimasto solido per tutta la stagione ed andando oltre ogni più rosea aspettativa, ora come ora stiamo assistendo al tentativo del Norwich City.

Con occhio ben poco indagatore, le affinità tra le due squadre sembrano poche: modulo diverso, con uno che riempie il centrocampo mentre l’altro cerca di sbilanciarlo più in zona offensiva; modalità di gioco differente, in cui da una parte tutti si aiutano in maniera compulsiva mentre dall’altra regna un continuo tentativo di spaziare il campo; difesa a tre contro una statica, con terzini/canarini non moltissimo propositivi, disposizione a quattro.

4-2-3-1: classica disposizione del Norwich City griffato Daniel Farke

Nella partita contro il Newcastle, in cui nei primi 45′ ha subito a testa bassa il gioco dei padroni di casa, fin dalle battute iniziali si è notata l’importanza di un preciso giocatore per lo stile di gioco di Farke: Moritz Leitner. Se con il passare del tempo è scomparso, anche per merito degli aggiustamenti di Steve Bruce, nelle prime frazioni di gioco ha gestito egregiamente ogni singola impostazione dei canarini. Giocatore tecnico, non veloce, sicuro dei propri mezzi e di posizione quando serve, con Tom Trybull forma la coppia di registi bassi di fronte alla difesa. Un elemento fondamentale per questa squadra, che cerca di giocare sempre palla a terra, dalle retrovie, allargando con calma il campo e cercando di tenere il più possibile la palla al posto di andare a recuperarla in un secondo momento.

Primi minuti di gioco: Moritz Leitner inizia ad abbassarsi per aiutare la ripartenza dal fondo. Quasi inconcepibile, per la squadra di Farke, iniziare con un lancio lungo del portiere

Il Norwich City non mi ha dato l’aria di una squadra che si fa prendere dalle situazioni e cade nel panico più becero, non riuscendo a fare quanto prefissato. Forse non riesce a farlo per la caratura dell’avversario, cosa che con il Newcastle non si è vista, ma di certo non per “la chiusura della mente”. E’ una squadra che mantiene una costanza di circolazione e cerca di leggere le situazioni al fine di bucare l’avversario. Non è una squadra che accelera in situazioni favorevoli, non ne ha le qualità per dominare le partite anche solo sfruttando le proprie doti, ma cerca di essere cinica nel suo piano partita. Pur avendo dominato i primi 45′ contro i Magpies, toccando addirittura picchi del 77% di possesso palla, non ha mai dato l’impressione di essere uno schiacciasassi in grado di annientare l’avversario. Ha avuto le sue occasioni, clamorosamente sbagliate, ma niente che potesse precludere anche ad un pareggio degli ospiti. Un punto debole, questo è sicuro, ma da una squadra in lotta per la salvezza è normale che ci sia.

Situazione in cui Fabian Schar effettua un errore da ergastolo, sbagliando anticipo e posizionamento, permettendo a Teemu Pukki di andare dritto in porta. Non arriverà la rete: un errore in finalizzazione, di questa tipologia, potrebbe costare caro in partite con squadre di maggior livello

Il gioco di possesso viene effettuato anche per coprire le lacune difensive. Se si guarda con attenzione, i terzini si sbilanciano solo quando necessario e pensano sempre prima a coprire che esporsi. I canarini vengono da una stagione in Championship in cui hanno subito la bellezza di 57 reti, fin troppe se paragonate alle 41 dello Sheffield United o alle 50 del Leeds United, e in queste prime giornate hanno dovuto fare a meno di determinati pezzi del puzzle, su tutti l’esperto difensore Timm Klose. Con troppa facilità vanno in crisi, specialmente nel gioco aereo, e solo una squadra ben poco propositiva come quella del profondo nord è stata in grado di siglare una singola rete (regalata) nei minuti di recupero.

Questa squadra, compresi i difetti che possiede, può essere solamente un orgoglio per l’intera contea di Norfolk. Gioca bene, propone, non ha paura ed affronta gli avversari a testa alta. Nonostante le quattro reti subite nei primi 45′ di ritorno in Premier League, nell’impossibile campo del Liverpool, tutti si ricordano l’ottimo secondo tempo disputato. La partita era chiusa, i padroni di casa non avevano nulla da chiedere, comunque un bel segnale per una squadra che, ricordiamoci, punta a restare al piano alto e non tornare subito giù come nel 2016.

Lame che ragionano a bassi giri dopo dodici anni d’attesa

Era il 13 Maggio 2007 quando le lacrime non smettevano di inondare il Bramall Lane. Dopo il ritorno nel massimo campionato inglese, per le Blades il destino aveva riservato un brutto colpo: retrocessione all’ultima giornata, tra le mura amiche, nello scontro diretto contro il Wigan. Un dolore ancora vivo nelle diramazioni tra Cheery Street, Shoreham Street e John Street.

Il volto della disperazione griffata 2007. Foto tratta dal sito: thetab.com

Ora, con il ritorno nel massimo campionato dopo ben dodici anni, si sta cercando di cambiare aria e mentalità. Nella prima partita stagionale, in quel di Bournemouth, è arrivato un pareggio che tutti aspettavano e speravano. La possibilità di girare per le strade con la testa alta, senza quel costante pensiero legato al passato. Un passato che, ad essere onesti e per i più attenti, sembra legarsi al presente: anche nell’Agosto del 2006 arrivò un pareggio alla prima giornata, in casa e contro quel Liverpool che si era appena portato a casa il Community Shield.

Detto ciò, che sembianze ha l’attuale Sheffield United? Nella prima uscita stagionale, si è ben notato un punto di (non) forza che potrebbe portare fortune ma anche disastrose conseguenze: una tranquillità di gioco mista ad una lentezza ragionata. Un qualcosa che si porta dietro dall’anno scorso, ma al livello superiore siamo sicuri possa andare bene? Con la miglior difesa dell’ultima Championship, parliamo di poco più di 40 reti subite in 46 gare, non ha per nulla sfigurato nel sud del paese contro una squadra che nel corso del match ha perso sempre di più il pallino del gioco. La “squadra dell’acciaio” anticipa linee di passaggio, è sempre vigile, ben messa in campo ed in grado di uccidere la creatività dell’avversario con la propria passività. Con una difesa molto bassa, parliamo di undici uomini sui 40 metri ed un George Baldock che fa il quarto di difesa e il quinto di centrocampo quando si attacca, ha prodotto una gara di attesa e lavoro sporco, molti sono stati gli interventi al limite dello scorretto, fino alla rete subita.

Siamo al minuto 87 e Callum Robinson, in campo dal primo minuto nel ruolo di seconda punta, arretra al fine di aiutare nell’anticipo. Un lavoro fatto per tutta la partita. Compattezza di squadra

Oltre a fare un distinto lavoro di squadra, lo Sheffield United è in grado di creare gioco ed apertura di campo. Con un Oliver Norwood finalmente nel calcio che conta, dopo anni in cui era sempre stato ingiustamente snobbato, coadiuvato da un John Fleck dinamico/solido ed un John Lundstram con piedi buoni ma spesso impreciso, risulta avere un centrocampo in grado di fare girare la palla con precisione e senza pathos. Il primo tiro in porta del match, con un Robinson in grado di accentrarsi e tirare con assoluta libertà dai 25 metri, era arrivato seguendo un canovaccio ben preciso: congestione sulla sinistra, tre tocchi di prima per liberarsi, palla al centro, apertura sul lato opposto, fallimento nel puntare l’uomo, palla che torna al centro e ritorno nella zona da dove era iniziato il tutto, successivamente liberata.

Spesso cercano il lancio lungo centrale, principalmente tramite il piede destro di Lundstrom, e se aprono il gioco lo fanno sempre dalla parte destra e ben poco volte dal lato opposto.

Le reti, sia per le Cherries che per le Blades, sono arrivate in situazioni di mischia e rimpalli fortuiti. Nota di merito per Billy Sharp, giocatore d’altri tempi in grado di segnare dalla League Two alla Premier League senza distinzione di stadi, tempi e pressioni. Il 33enne autoctono c’ha messo poco a dire la sua, con una lezione di rapina: entra al minuto 82 e segna dopo soli sei minuti. Opportunista come pochi, una dote che la squadra per cui fa il capitano deve essere in grado di fare sua nel calcio che conta. Un gioco del genere può portare dividendi con squadre di media o bassa classifica, il range su cui deve puntare la squadra del centro-nord inglese, ma cocenti sconfitte con chi riesce a trovare le giuste chiavi in pochi minuti.

Il salto del giocatore al contrario delle East Midlands

Nottingham e Sheffield sono due città che distano tra di loro poco più di 70 km. Due città operaie, diciamo così, con la prima leggermente migliore della seconda. Due città in cui sembra esserci ben poco per gli occhi di un turista, in quantità molto più rimarchevole nella seconda, se tralasciamo le vere passioni che ti fanno vivere alla giornata.

Una passione, quella calcistica, che Ben Osborn ha coltivato a Nottingham ed ora porterà in quel di Sheffield. Il grande salto nel massimo campionato per il ragazzo di Derby, giovane tifoso dei Rams poi diventato bandiera portante di questi ultimi anni del Nottingham Forest. Un gioco del destino, nemmeno farlo apposta.

Foto tratta dal sito: nottinghampost.com

Dopo ben sedici anni con la maglia dei Reds, il classe 1994 ha deciso di accettare una nuova sfida nel momento in cui il suo contratto sarebbe entrato nell’ultimo anno di vita. Era il 2003 quando, dopo un anno di Derby County in cui venne scartato, finì nella squadra rivale di quella per cui faceva il tifo. Piedi buoni, fantasia, agilità, velocità e con il passare del tempo arrivò ad essere il capitano dell’U21 e mettere in cascina più di 200 presenze con la maglia della prima squadra.

Giocatore versatile, ricopre molti ruoli dalla fase offensiva alla difensiva, negli ultimi due anni si è specializzato nel ruolo di terzino sinistro. Difficile da immaginare un paio di anni fa, quando cercava di fare il funambolo nei lati offensivi più esterni. Allo Sheffield United proverà a dare proprio questo, la sua versatilità, sperando di ritagliarsi un ruolo nel piano alto e non dover tornare all’ovile.

Prima o poi salterà l’uomo Pablo Fornals?

14 Giugno 2019.

Immaginiamo di essere al Chadwell Heath, storico campo d’allenamento del West Ham.

Pablo Fornals, spagnolo e classe 1996, diventa il secondo giocatore più pagato della storia del club. 24 milioni di £ dirette verso le casse del Villareal.

Alcuni hanno detto che potrebbe rivelarsi una steal di prima fattezza, del tipo che nel giro di un paio d’anni lo si vedrà volare in altri contesti per cifre esorbitanti. Per quello visto fino ad ora, pur considerandolo un ottimo prospetto, mi pare un prodotto abbastanza grezzo ed incompleto. Pur venendo considerato anche un trequartista, principalmente gioca sulla fascia sinistra, alternandola anche con la destra quando serve, ma una delle sue più grosse lacune è che difficilmente punta l’uomo. E’ un giocatore che cerca molto le triangolazioni, e non dico si tratti di un demerito, per poi tagliare con costanza al centro quando si trova sui venticinque/trenta metri dalla porta avversaria.

Come si può notare, in questa apertura verso sinistra il nostro amico Fornals non è presente. Si trova già in centro, a ridosso dell’area, a fare quasi il ruolo di prima punta

Un altro demerito è che non sembra essere in grado di cambiare ritmo, di accendersi o spegnersi a piacimento grazie alla sua qualità. Un demerito che può essere visto come un merito, poiché mantiene sempre una costanza in ogni cosa che fa. E questo merito lo si nota bene in fase difensiva, dove risulta essere diligente, pronto, attivo e ben posizionato, per poi azzardare qualche anticipo, nonostante il fisico non a proprio favore, nei casi in cui gli avversari risultano essere leggermente distratti o in pericolo. E’ un giocatore che fa campo, in maniera più che decorosa.

Da notare come scende, difensivamente parlando, andando a coprire una zona di campo apparentemente non sua. Non è detto che faccia qualcosa in particolare, magari l’uomo lo salta in due nanosecondi, comunque la presenza la mette

Perchè gli Hammers hanno preso un giocatore del genere? Soffermandoci sul ruolo che ricopre, quindi esterno alto di sinistra, viene da pensare che la dirigenza sia andata alla ricerca di un Felipe Anderson (l’acquisto più costoso della storia per il West Ham) molto più diligente. Lo spagnolo non ha la qualità e non salta l’uomo come il brasiliano, su questo non si discute ora come ora, però può donare molte cose (diligenza, intelligenza tattica, costante serietà) che il classe 1993 non sembra avere mai avuto.

L’obiettivo del redivivo Jonas Gutierrez

Era il 19 Maggio 2013 quando il Newcastle ospitò l’Arsenal tra le mura amiche. Una sconfitta non fa mai piacere, vista la vittoria dei Gunners per 1-0, ma quella giornata Jonas Gutierrez se la ricorderà per un altro motivo : 90′ giocati e impatto di gioco contro Bacary Sagna, che gli causa un forte dolore ai testicoli. Una fitta apparentemente normale, “non è niente di che” dicono i medici della società.
All’argentino torna il dolore con l’avvio della stagione successiva (2013/2014). Testicolo sinistro gonfio e infiammato, quindi “cosa facciamo“? Visita con gli ultrasuoni, specialistica. Risultato? Presenza di un cancro, da operare nei giorni successivi.

Jonas Gutierrez nella sfida del 19 Maggio 2013 contro l'Arsenal. Alla sua sinistra, Bacary Sagna (gettyimages.com)
Jonas Gutierrez nella sfida del 19 Maggio 2013 contro l’Arsenal. Alla sua sinistra, Bacary Sagna (gettyimages.com)

Il 5 Ottobre 2013 è il giorno della sua ultima partita con il Newcastle e il primo di quella che si rivela una propria agonia : viene operato, si rimette, non trova spazio nei Magpies e viene spedito in prestito al Norwich City, dove giocherà solamente quattro partite.
Finita? No, per nulla.
In estate torna per una visita di routine e i dottori gli dicono che il cancro si è diffuso in altre parti del corpo. Terrore. Altra operazione, altro ciclo di chemioterapie in Argentina e così decide di uscire allo scoperto, dopo aver tenuto la notizia lontana dai riflettori.

Alle persone che mi chiedevano perché mi ero tagliato i capelli, rispondevo che avevo deciso di radermi del tutto

Il 31enne argentino nella sua prima partita con l'U-21 del Newcastle, lo scorso 22 Dicembre, dove ha giocato 87' (nufc.co.uk)
Il 31enne argentino nella sua prima partita con l’U-21 del Newcastle, lo scorso 22 Dicembre, dove ha giocato 87′ (nufc.co.uk)

Due giorni fa ha siglato la prima rete, con un preciso tiro a giro da fuori area, nell’U-21 del Newcastle che sta guidando, con la fascia da capitano, ma l’obiettivo a breve termine sembra essere ben preciso :

Sì, ho giocato ai Mondiali, ma se mi sarà concesso di indossare nuovamente la maglia della prima squadra del Newcastle, quello sarà il momento più bello della mia carriera

Dal 1899 ad oggi : i passi falsi dei ragazzi di Anfield

Non è mai un piacere subire tre reti nel giro di 10′, specialmente in una partita fondamentale per la lotta al titolo, ma il Liverpool non è certo nuovo a situazioni del genere. L’hat-trick di marcature subite dal 79° all’88° in quel di Londra, al Selhurst Park del Crystal Palace, ha teoricamente compromesso le opportunità di tornare a vincere la Premier League per la rosa guidata da Brendan Rodgers. Un passo falso che ha fatto tornare in mente ai più fedeli e storici tifosi Reds un paio di “stagioni sfortunate”.
Parliamo di queste : 1898/99, 1967/68, 1968/69, 1971/72, 1973/74, 1974/75, 1988/89, 2006/07.

Focus sul capitano Stevan Gerrard alla fine della partita contro il Crystal Palace (bleacherreport.com)
Focus sul capitano Stevan Gerrard alla fine della partita contro il Crystal Palace (bleacherreport.com)

. 1898/99 (Aston Villa 45, Liverpool 43, Burnley 39)

29 Aprile 1899, Villa Park, Aston Villa-Liverpool. Quando ancora i trasferimenti si effettuavano con un massimo di tre/quattro cifre totali e le vittorie valevano 2 punti, a Birmingham i Reds si presentano con un punto di vantaggio e a 90′ dalla vittoria del primo titolo nazionale. Si trattava solamente della quarta partecipazione in Division 1, su sette campionati totali dalla nascita del calcio, ma il disastro cui andarono incontro fu epocale : sconfitta per 5-0, sorpasso in classifica e quarto titolo, in sette stagioni, per i Villans.
Liverpool 1898/99 / RosaFoto

. 1967/68 (Manchester City 58, Manchester United 56, Liverpool 55)

Dal 1899 al 1967 arrivano 7 titoli nazionali, molti giocatori di rilievo passarono per Anfield (Gordon Hodgson e Billy Liddell su tutti) ma lo spettro si ripresentò. Un campionato che non avrebbero vinto ugualmente, nonostante le 25 reti siglate da Roger Hunt, per la differenza reti e le maggiori vittorie da parte del Manchester City. Sconfitta finale, per 2-1, nel vecchio Victoria Ground dello Stoke City.
Liverpool 1967/68 / RosaFoto – Video

. 1968/69 (Leeds 67, Liverpool 61, Everton 57)

Non propriamente scossi dal finale della stagione precedente, visto che una vittoria all’ultima giornata non avrebbe ugualmente regalato il titolo, nella stagione successiva si mangiano il titolo nelle ultime quattro giornate. Ultimo mese, dal 22 Aprile al 17 Maggio, in cui non arriva nessuna W : pareggi in casa del Coventry City e del Newcastle United; tra le mura amiche, sconfitta contro il Manchester City e pareggio contro i futuri campioni del Leeds United. Quella del ’68/69 fu l’ultima stagione completa di Roger Hunt con la maglia dei Reds, perchè nel corso della stagione successiva passò al Bolton per chiudere la carriera.
Liverpool 1968/69 / RosaFotoVideo

. 1971/72 (Derby County 58, Leeds 57, Liverpool 57)

Di solito un’esperienza sgradevole si spera di riviverla ad anni di distanza. Se dalla prima alla seconda erano passati 69 anni, nel decennio fra gli anni 60 e 70 si presentò in ben cinque occasioni! Quella del 1971/72 fu la terza in ordine cronologico ma, probabilmente, la più dolorosa di tutte. Nell’estate del 1971 arrivò dallo Scunthorpe United un giocatore che scrisse, negli anni successivi, un pò di pagine della storia del Liverpool : Kevin Keegan.
Campionato gettato alle ortiche nelle ultime due partite, dove prima arrivò la sconfitta nello scontro diretto contro il Derby County, che comunque concesse ai Reds di mantenere la vetta, ma successivamente il pareggio nell’ultima stagionale contro l’Arsenal fece crollare tutte le speranze. Un dolore così forte che sicuramente avrà scosso i ragazzi di Anfield, poichè nelle successive 8 stagioni arrivarono 5 titoli.
Liverpool 1971/72 / RosaFotoVideo

. 1973/74 (Leeds 62, Liverpool 57, Derby County 48)
. 1974/75 (Derby County 53, Liverpool 51, Ipswich 51)

Come già riferito, dal 1973 al 1980 arrivarono 5 titoli nazionali. Ciò che non avevamo detto è questo : nelle 3 stagioni “a vuoto” si posizionarono sempre in seconda posizione. Se nel 1977/78 la superiorità del Nottingham Forest fu netta, nelle due stagioni fra il 1973 e il 1975 i Reds si giocarono i campionati con le proprie mani : in quello vinto dal Leeds United, conquistarono solamente 3 punti nelle ultime 4 giornate (ricorda nulla?); in quello vinto dal Derby County, fu decisiva una sconfitta a Middlesbrough a 180′ dalla fine del campionato.

Per tutti gli anni ’70 ed ‘80 il Liverpool visse un periodo d’oro, che fece scordare a tutti quella reputazione non proprio da vincente che si era creato. Arrivarono 11 titoli in 20 stagioni, dove quello del 1989/90 resta tutt’ora l’ultimo conquistato,  ma la cosa eclatante è che quando non arrivava la W finale si presentava comunque un secondo posto, tranne nelle stagioni 70/71-71/72-80/81. Scottante fu il secondo posto del 1988/89, con Division 1 persa nell’ultima stagionale ad Anfield contro l’Arsenal (0-2).
Anche a livello europeo dominò, con 4 Champions League vinte fra il 1977 e il 1984.

Dalla nascita della Premier League, quindi dalla stagione 1992/1993, il Liverpool non andò mai propriamente vicino alla conquista del titolo. Arrivò a giocarselo “da distante” in svariate occasioni, specialmente ad inizio terzo millennio, ma in nessuna occasione ebbe nelle proprie mani il martello per decretare se la seduta l’avrebbe chiusa in prima persona o meno.

 

Il “secondo straniero” da sacrificare?

Nessuna conferma e molti rumors, ma Louis Van Gaal potrebbe venire ufficializzato come futuro allenatore del Manchester United già da mercoledì prossimo. Una scelta che potrebbe mettere in dubbio il lavoro di Giggs-Scholes-Butt all’interno della società, anche per il futuro, perchè l’allenatore olandese sembra intenzionato a portarsi all’Old Trafford l’intero staff : Patrick Kluivert per gli attaccanti e come vice, Frans Hoek per i portieri, Jos van Dijk come fitness coach e, per ultimo, l’analista Max Reekers.Iniziano a circolare già i primi nomi (Thomas Muller su tutti) e le prime affermazioni contro l’ex Ajak (Ferran Soriano su tutti), ma la cosa veramente interessante risulta essere un’altra : se dovesse aggiudicarsi il ruolo, LVG sarebbe il secondo allenatore al di fuori del Regno Unito a guidare i red devils.

Louis Van Gaal e Johan Cruijff ai tempi dell'Ajax (provenquality.com)
Louis Van Gaal e Johan Cruijff ai tempi dell’Ajax (provenquality.com)

Era l’8 Giugno del 1971 quando la panchina venne affidata all’irlandese Frank O’Farrell, ruolo che ricoprì fino al 19 Dicembre del 1972. Era una società diversa, ormai non abituata a vincere e a secco di trofei dal 1967. Molti piazzamenti “disonorevoli” e a livello storico-manageriale ricorda molto questo periodo : nel 1969 mollò l’incarico, dopo 25 stagioni, il leggendario Matt Busby e nei successivi tre anni vennero cambiati quattro manager, oltre al ritorno dello stesso “Busby babes”. 25 stagioni alla guida dei red devils, due in meno di Sir Alex Ferguson, ed un addio che aveva lasciato una voragine a livello di spogliatoio e di guida della società, guarda caso un pò come con Sir Alex. La svolta arrivò con Tommy Docherty, scozzese, che offrì costanza di risultati e guidò la squadra dal 1972 al 1977.
Docherty era l’allenatore che arrivò dopo lo “straniero irlandese”, quindi il ruolo di Van Gaal (“il secondo straniero”) potrebbe rivelarsi un viatico necessario per il ritorno ai massimi livelli? Battuta o meno, il futuro ci offrirà delle risposte.

Frank O'Farrell, durante la sua esperienza all'Old Trafford dal '71 al '72 (thescore.ie)
Frank O’Farrell, durante la sua esperienza all’Old Trafford dal ’71 al ’72 (thescore.ie)

Super Kev saluta il manto erboso

Notizia fresca di giornata, quella riguardante la voglia di ritirarsi dal calcio giocato da parte di Kevin Philips. Un ritiro che diventerà ufficiale sabato prossimo, esattamente il 3 Maggio, quando il suo Leicester City ospiterà il Doncaster Rovers al King Power Stadium.
Visti i 41 anni dietro l’angolo, un momento perfetto per effettuare questo passo : la squadra guidata da Nigel Pearson è già promossa in Premier League da settimane e, quindi, quale modo migliore di abbandonare se non nell’ultima partita casalinga dove il pubblico sarà totalmente entusiasta?

Baldock, la città dove inizia la carriera di Kevin Philips (bdp.com)
Baldock, la città dell’inizio (bdp.com)

Considerato da molti un “fulmine”, per la sua eclatante prima stagione in massima divisone, negli ultimi anni di carriera si è trasformato in un vero e proprio traghettatore da Championship. Dal West Bromwich Albion al Leicester City, passando per il Crystal Palace, hanno beneficiato del suo apporto per approdare in Premier League, con l’attaccante che è rimasto fedele solamente alle Eagles una volta raggiunto l’obiettivo. Infatti, se in questa occasione c’è di mezzo il ritiro, nel 2008 preferì il più blasonato Birmingham City ai Baggies.
Anche da più giovane effettuò la magia, ma di questo parleremo a breve…

Cresciuto nelle giovanili del Southampton, dove passa dall’adolescenza all’età adulta, per il suo fisico non proprio possente veniva utilizzato come laterale difensivo. Ruolo che avrebbe coperto anche in futuro se nella sua prima esperienza al Baldock Town, squadra semi-professionistica, l’allenatore non fosse stato costretto ad utilizzarlo come attaccante a causa di una serie di infortuni.
La sua carriera da professionista prende il via solamente nel Dicembre del 1994, quando il Watford lo porta in First Division, l’attuale Championship. Dopo due anni, con anche una retrocessione di mezzo, il Sunderland punta su di lui e in 24 mesi, con un totale di 54 reti in 72 partite, compie la magia di cui parlavamo in precedenza e traghetta i black cats in Premier League. Un campionato che vedrà costantemente fino al 2006, per poi incrociarlo nuovamente solamente dal 2009 al 2011 e la stagione scorsa ma mai da protagonista.

Kevin Philips, 27enne, alla prima stagione in Premier League (live4soccer.co.uk)
Kevin Philips, 27enne, alla prima stagione in Premier League (live4soccer.co.uk)

Con previsioni giornalistiche di un massimo di 5/6 reti nella sua prima apparizione in Premier League, l’allora 27enne Kevin lasciò a bocca aperta tutti con una stagione sublime : le 6 reti pronosticate le produsse già entro il 18 Settembre, per poi concludere la stagione con un totale di 30 reti siglate in 36 partite disputate. Un risultato che portò il Sunderland al 7° posto in classifica, il migliore da decenni, ma che non concesse ai black cats di effettuare la Coppa UEFA, vista la vittoria della coppa di Lega da parte del Leicester City che aveva terminato il campionato alle spalle di Kevin e compagni.
Sarà il caso, sarà una semplice coincidenza, ma a compiere la beffa fu proprio quella che sabato prossimo diventerà la sua ultima squadra da giocatore professionista.

Kevin Philips con la maglia del Leicester City (dailymail.co.uk)
Kevin Philips con la maglia del Leicester City (dailymail.co.uk)

Lo rivedremo ugualmente calcare i campi, poichè farà parte del coaching staff dei Foxes nella nuova avventura in Premier League.

I numeri di Kevin Philips

Quel Brendan arrivato da Carnlough

Carnlough è un piccolo villaggio della Contea di Antrim, situato nel profondo nord-est dell’Irlanda del Nord e a poco meno di 60′ di macchina dalla capitale Belfast. Con una popolazione femminile paritaria a quella maschile, dove più dell’80% ha solide radici cattoliche, nel lontano 26 Gennaio del 1973 nacque un futuro allenatore che negli ultimi anni ha riscosso gran successo in Inghilterra : stiamo parlando di Brendan Rodgers, attuale traghettatore di un Liverpool che sta facendo sognare la tifoseria più blasonata della contea del Merseyside.
Con il calcio come siamo abituati a vederlo noi occidentali il rapporto di Brendan non fu immediato, poichè fino all’età di 13 anni praticò quello gaelico, dove le squadre sono composte da 15 giocatori e il fine del gioco è più rugbystico che calcistico. Con il ruolo da difensore cucito addosso e dopo aver giocato per la nazionale scolastica del proprio paese e per il Ballymena United, squadra che distava poco più di 20 km dalla sua Carnlough, all’età di 17 anni si trasferì in Inghilterra, precisamente a Reading, dove riuscì ad avere una carriera fino all’età di 20 anni, quando per un problema genetico alle ginocchia dovette abbandonare l’attività agonistica. Lo spirito da insegnante colpì la dirigenza dei Royals che gli offrirono il ruolo di allenatore delle giovanili, e l’allora 21enne lo mise sullo stesso livello della sua carriera da difensore in campionati non professionistici, quest’ultima terminata all’età di 23 anni con il Newbury Town.

Brendan Rodgers, 17 anni, nella sua esperienza al St.Patrick's College di Ballymena
Brendan Rodgers, 17 anni, nella sua esperienza al St.Patrick’s College di Ballymena (dailymail.co.uk)

Era un ragazzo come tutti quelli dell’Irlanda del Nord, andato in Inghilterra per cercare gloria. A differenza degli altri, però, in famiglia aveva un cugino che stava già dicendo la sua nel lontano 1990 : era Nigel Worthington, figlio della sorella di sua nonna, che con lo Sheffield Wednesdey stava retrocedendo in Second Division dopo 6 anni di First. Molte squadre erano interessate a lui e la scelta del Reading fu anche a livello famigliare, poichè i propri genitori avevano piena fiducia in Ian Branfoot, un allenatore che comunque non vide mai poichè finì il proprio mandato ai Royals nel 1989. Era un giocatore ambizioso e questa sua vena la trasferì nel ruolo manageriale quando vide che gli infortuni cronici lo condizionavano, con lui stesso che a distanza di anni disse : “I wanted to be one of the world’s best young footballers; now I wanted to be one of the world’s best young coaches”.

Brendan Rodgers durante la sua avventura in blu (sbnation.com)
Brendan Rodgers durante la sua avventura in blu (sbnation.com)

Con questa convinzione riuscì a passare la successiva decade al Reading, imparando e crescendo moltissimo sotto ogni aspetto, per poi approdare al Chelsea. Era il 2004 quando Josè Mourinho, fresco allenatore dei Blues, lo chiamò per guidare da allenatore la Youth Academy, un ruolo che coprì per due stagioni prima di salire di livello e diventare Team Manager. La sua esperienza nei dintorni dello Stamford Bridge terminò nel Novembre del 2008, quando un’altra formazione londinese richiese i suoi servigi per far brillare la prima squadra. Si trattava del Watford, militante in Championship, dove il nord-irlandese riuscì a piazzarla in 13a posizione nella sua prima grossa esperienza, dopo un inizio fatto di otto sconfitte e due sole vittorie.
Anche grazie ad un compenso che non si poteva rifiutare, parliamo di 1M£, il ragazzo di Carnlough torna al Reading nell’estate del 2009. Dalle parti di Watford lo ringraziano ma allo stesso avrebbero voluto rimanesse, anche perchè il ritorno ai Royals non è certo dei migliori : è il Dicembre del 2009 quando, in accordo con la società, abbandona il proprio ruolo.

Brendan Rodgers al Liberty Stadium di Swansea (Galles)
Brendan Rodgers al Liberty Stadium di Swansea (swanseacity.net)

E’ il 16 Luglio 2010 quando inizia la storia di un amore, sia tra i tifosi della squadra con cui firma che con il resto degli appassionati di questo mondo sportivo. La chiamata arriva dal sud del Galles, precisamente da Swansea, dove al termine di una stagione in cui offre un gioco “alla Arsenal” riesce a portare la compagine in Premier League, sfatando così il mito delle squadre gallesi che non erano mai riuscite ad approdare nella massima divisione del calcio inglese.
La qualità del gioco riesce a portarla pure da Anfield all’Old Trafford, dal White Hart Lane al Goodison Park, terminando la stagione con un ottimo 11° posto finale che gli regala, a livello personale, un rinnovo triennale fino al 2015.
Un patto che non verrà rispettato, perchè da Liverpool lo vogliono e una chiamata da Anfield non si può rifiutare, specialmente da un giovane ed ambizioso allenatore come Brendan. Dopo una prima stagione in cui l’identità del suo gioco non ha avuto costanza, portando così i Reds alla 7a posizione finale, nella stagione in corso sta effettuando un vero e proprio miracolo. Un miracolo che potrebbe sfociare in un titolo che i sostenitori da “You’ll never walk alone” non vedono dalla stagione 1989/1990, quando alla guida della squadra c’era Kenny Dalglish, proprio l’allenatore a cui Rodgers ha “rubato” il posto.

Brendan Rodgers durante l'ultima trasferta del suo Liverpool a Norwich (Michael Regan/Getty Images Europe)
Brendan Rodgers durante l’ultima trasferta del suo Liverpool a Norwich (Michael Regan/Getty Images Europe)

L’idraulico che, a causa di un infortunio, potrebbe darla vinta a Luis Suarez

La stagione disputata da Luis Suarez non ha bisogno di altre presentazioni ed è figlia di una costanza di marcature che ben poche volte si sono viste in suolo britannico. Dopo aver pareggiato il record del calciatore più veloce a raggiungere le 20 reti siglate in stagione, era il 1° Gennaio quando pareggiò il record di Andy Cole ma con solamente 15 partite disputate, ora è solamente ad una rete dal record complessivo stagionale. Prendendo lo schema a 38 partite della Premier League degli ultimi decenni, meglio di lui hanno fatto solamente due giocatori : Alan Shearer e Cristiano Ronaldo con 31 marcature.
Il primo le raggiunse con la maglia dei Rovers nell’annata 1995/1996 e il secondo con quella dei Red Devils nella sua penultima stagione in Inghilterra datata 2007/2008. Cifre imbarazzanti quelle del 27enne sud-americano, giustamente riconosciute, ma anche il mito inglese e il pallone d’oro in carica non fecero vivere sonni tranquilli agli analisti : 31 in 35 partite per il primo, 31 in 34 partite per il secondo. Una totalità di partite che el pistolero non raggiungerà mai, poichè con le ultime tre sfide di campionato potrà toccare un massimo di 33 partite disputate.

L'evoluzione di Luis Suarez in due stagioni, in una statistica di inizio Marzo 2014
L’evoluzione di Luis Suarez nelle ultime due stagioni, in una statistica di inizio Marzo 2014 (eplindex.com)

17 reti ad Anfield e 13 reti in trasferta, non lo rendono ugualmente il miglior marcatore del Regno Unito, poichè in Scottish League Two c’è un giocatore, guarda caso del 1987 come el luisito, che è stato in grado di mettere a referto 30 reti stagionali. Si chiama Rory McAllister, con un passato nelle Under della nazionale scozzese ma mai sbocciato e con una storia che ricorda molto quella di Grant Holt : dopo aver guadagnato il titolo di miglior giocatore della 2nd Division scozzese per due anni di fila, nel 2011 accetta di finire al Peterhead, squadra aapunto della League Two, giusto per non ritirarsi definitivamente dal calcio ma allo stesso tempo per poter stare vicino alla sua città natale Aberdeen, dove durante la giornata effettua il lavoro di idraulico per non ritrovarsi senza nulla a carriera terminata. 40 minuti di silenzio, come i km che effettua da Aberdeen a Peterhead il giovane Rory, per una classica storia di passione del calcio britannico.

Schedule delle 30 reti siglate da Rory McAllister, fino al 19 Aprile 2014
Schedule delle 30 (+1) reti siglate da Rory McAllister, fino al 19 Aprile 2014

Dopo essere diventato il primo giocatore della storia non militante in Scottish Premiership ad aver vinto il premio di giocatore del mese di Aprile della SPFL (Scottish Professional Football League), il sogno di poter continuare a lottare contro l’attaccante del Liverpool sembra essere svanito. Nell’ultima partita di campionato ha subito una profonda ferita alla tibia, con tanto di viaggio all’ospedale per cucire il profondo taglio, che sembra lo terrà fuori fino al termine della stagione.
Nonostante ciò, l’allenatore Jim McInally non ci pensa nemmeno a darla vinta all’uruguaiano : “Sembra starà fuori per la stagione? Beh, non ci resta che usarlo a gettone così da farlo rimanere davanti a Luis Suarez”.
Quale sarà l’epilogo della novella?

Rory McAllister, con il Player of the Month del mese di Aprile 2014 della SPFL
Rory McAllister, con il Player of the Month del mese di Aprile 2014 della SPFL